di Luigi Cataldi
biblioteca pubblica
” forza vitale per l’istruzione, la cultura e l’informazione”
“….agente indispensabile per promuovere la pace
e il benessere spirituale delle menti di uomini e donne”.
Manifesto UNESCO 1995
Emanuele Barba, medico, naturalista, poeta, letterato e patriota, nacque a Gallipoli l’11 agosto dell’anno 1819. Figlio di un modesto sarto, dopo le scuole primarie si trasferiva a Napoli presso uno zio della madre e compiuti gli studi di medicina conseguiva la laurea nel 1842. La sua prima conferenza ebbe come tema l’argomento trattato nella tesi: “Sui mezzi per evitare i falsi ragionamenti in Medicina”.
Tornato a Gallipoli realizzava con entusiasmo e competenza la sua opera di medico: nel 1848, durante il diffondersi dell’epidemia tifoidea, fu prescelto dall’Autorità competente quale Direttore dell’Ospedale provvisorio di Gallipoli, e così, in circa cinque mesi di prolungata epidemia tifoidea curò e salvò la vita a circa tremila conterranei ammalati. Nel 1866, a causa dell’epidemia colerica, il Municipio lo incaricaricò ancora della Direzione dell’Ospedale: ed egli meritò una medaglia d’oro, proprio per i buoni risultati conseguiti. Emanuele Barba fu anche insegnante instancabile, esercitando l’insegnamento con elevata professionalità e serietà, e letterato di valore, scrisse tra l’altro in versi “Un sospiro di Garibaldi” (di ispirazione patriottica, nel 1875) ed un sonetto all’Italia.
Fu anche antropologo, raccoglitore di memorie storiche di ogni genere, di reperti archeologici, di libri di ogni disciplina, vicino per vocazione e per la sua professione ai ceti più poveri, ma anche alle famiglie dei ricchi. Raccolse e collezionò in pochi anni una massa di reperti nei più diversi ambiti: dagli abiti alle armi, ai minerali, alle ceramiche e maioliche di varie epoche e provenienza, ai dipinti, all’avifauna, a scheletri di pesci, conchiglie, insetti, a reperti archeologici (da un’antica tomba messapica a reperti sottomarini), e ad altri innumerevoli oggetti, anche di uso comune; infine a migliaia di libri antichi, non pochi di medicina, che costituirono la Biblioteca comunale di Gallipoli.
Questa, accolta per alcuni anni nei locali del Seminario Diocesano, in comodato d’uso, fu inaugurata il 16 marzo 1879 con un apprezzato discorso dello stesso E. Barba, che era stato nominato il 27 settembre 1877, dal Consiglio comunale, bibliotecario a vita, e che la gestì diligentemente fino alla sua morte, (7 dicembre 1887).
Per il mancato rinnovo del contratto di comodato, nel 1896, l’Amministrazione comunale fu costretta a restituire i locali che accoglievano Biblioteca e Museo e a trovare riparo in un angusto deposito, al patrimonio bibliografico ed ai reperti museali. Solo il 14 marzo 1899, grazie all’impegno dei Sindaci Simone Pasca Raymondo e Giovanni Ravenna, la Biblioteca ed il Museo furono sistemati nel nuovo edificio in via A. de Pace, costruito con le risorse del Comune, della Provincia e con quelle ricavate (ottomila lire) dalla vendita del Monastero delle Teresiane al Vescovo di Gallipoli.
Barba fu capace di realizzare, in vita, un Museo, che dalla sua morte fu a lui intitolato. Per le diverse collezioni contenute potremmo definirlo demoetnoantropologico, ma anche storico-medico: per la presenza di pochi ma toccanti corpicini di neonati malformati (anencefalia, duplicitas anterior, sirenomelia) fissati in soluzioni alcoliche e conservati in vasche di cristallo di cui oggi mancano notizie certe.
Mi sia concesso ricordare il sussiegoso, indimenticabile, antico custode Angelo, che sembrava trasportato dalla macchina del tempo dalla fine del XIX secolo alla metà del XX, il quale nei primi anni ’50 del secolo scorso, dopo avere scacciato i bambini delle elementari che all’uscita della scuola si affacciavano a curiosare sui pochi scalini del Museo, introduceva con sussiego e un tono misterioso i visitatori che egli giudicava “meritevoli” di apprezzare tali rarità, nella piccola sala contenente le poche teche coi putti deformi.
Emanuele Barba fu autore tra gli altri numerosi scritti, di una raccolta dei proverbi gallipolini, frutto delle antiche tradizioni e della saggezza popolare del salento, che egli collezionò con cura, pazienza e perizia fino alla sua morte: detti popolari concertenti i più diversi argomenti, esposti in dialetto gallipolino, ma tradotti in lingua italiana e posti a confronto con detti di similare significato in latino o in altre lingue europee, e con proverbi di altre regioni italiane, specie della Toscana, e di non poca arguzia.
Il libro che però comparve postumo nei 1902 per i tipi della famosa (e unica) tipografia Stefanelli di Gallipoli, costituisce a conoscenza dell’Autore l’unica raccolta di proverbi gallipolini realizzata da un medico.
Concludo questo breve contributo esponendo alcuni proverbi scelti tra i molti riguardanti la Salute contenuti nel capitolo XXII del Volume citato,che è costituito da trentacinque .capitoli di proverbi (159 pagine) e di 33 pagine fitte di motti e detti popolari con relative traduzioni.
Ci ave sanatate è riccu e nu lu sape
Chi ha salute è ricco e non lo sa.
Meju fumu de cucina , ca jentu de marina
E’ meglio il fumo della cucina che il vento di mare
La meju medicina su li pignuli de cucina e lu sciaruppu de cantina
La migliore medicina sono le pietanze e il buon vino
La morte de lu purpu ete la ciapudda e la salute de l’ommu été la taverna
La fine del polpo è (in pentola) con la cipolla,e la salute dell’uomo è il vino della taverna
(molto discutibile ma tradizionale la seconda parte per gli effetti benefici riconosciuti al vino, NdA)
Zòcculu, bròcculu còcculu
piedi all’addome alla testa (vanno tenuti al caldo nelle forme influenzali, NdA)
Scomonaca e serviziale non facene mai male,
Scomunica e serviziale non fanno mai male (anche la riportata innocuità del serviziale, retaggio del 1700 è tuttora discutibile, NdA)
Lu maru tiellu (tienilo) caru
Sappi apprezzare il gusto amarognolo (legata alla tradizione popolare di consumare cibi a base di piante spontanee dei campi, spesso di gusto amarognolo)
Ogni carne mangia, ogni fungu fusci
Mangia le carni, ma rifuggi dai funghi
Meju nu ciucciu viu ca nu duttore mortu
Meglio un asino vvio che un dottore morto.
Ci piscia chiaru piscia an facce allu medecu
Chi ha le urine chiare non ha bisogno del dottore
In conclusione, la saggezza popolare argutamente testimoniata nell’opera di Emanuele Barba, rappresenta una base di certezze tradizionali, le quali, anche espresse in termini dialettali, meritano l’attenzione e l’approfondimento degli studiosi di demoetnoantropologia e di storia della medicina, sia come testimonianza della saggezza popolare, sia come ricco retaggio di tradizioni relative a usi e abitudini alimentari che costituiscono ancora oggi i più sani principi della protezione della salute e della prevenzione dello stato di malattia.
- Nota bibliografica essenziale Proverbi e motti del dialetto gallipolino raccolti e illustrati dal professore dott. Emanuele Barba Tip. G. Stefanelli Gallipoli 1902.
Credo di fare cosa gradita segnalando che il libro citato di proverbi (quest’anno ristampato da BiblioLife) può essere integralmente consultato nell’edizione originale del 1902 al seguente indirizzo:
http://www.archive.org/stream/proverbiemottid01barbgoog