di Teodoro De Cesare
Nella parte inferiore della facciata ci si accorge di un altro elemento architettonico e decorativo che viene definito colonna inglobata. Questa colonna è posta sul fianco della facciata e fa parte, quindi, della fase progettuale di Gabriele Riccardi. Questo tipo di colonna può essere ricondotto al simbolismo dei volumi, cioè alla forma pura della colonna cilindrica (assimilabile alla perfezione celeste del cerchio) contenuto all’interno del pilastro (assimilabile al movimento del cubo, simbolo della terra). La successione di cornici ovali può far pensare sia alla serie di figurazioni romaniche entro riquadri circolari sia alle cornici circolari od ovali che appaiono negli altari del Rosario. Gli ovali inseriti sul fusto del pilastro possono far pensare anche ai circoli come moduli sovrapposti dai teorici sul disegno degli ordini architettonici .
La colonna inglobata non è un caso isolato a Lecce, oltre a che sulla facciata di santa Croce essa è presente, sempre come colonna-pilastro angolare, in un altro monumento cittadino: il cosiddetto Sedile, in piazza sant’Oronzo, e in questo caso si tratta non di un edificio religioso ma di una struttura di civile, probabilmente un antico comando militare. Si accennerà poi brevemente alle ipotesi che sono state avanzate riguardo alla simbologia sottesa alla colonna inglobata . L’inserimento della colonna inglobata nella facciata di Santa Croce, dunque, non è un episodio isolato ma ha riferimenti precedenti nei grandi studi e progetti rinascimentali. Questo dimostra che l’autore della facciata inferiore, Gabriele Riccardi, è un architetto ancora molto vicino alla pratica costruttiva cinquecentesca.
L’interno
Lo spazio interno è organizzato in tre navate che si caratterizzano per un accentuato verticalismo. Inizialmente la basilica era a cinque navate, due delle quali vennero utilizzate per la costruzione delle cappelle nel Settecento. Le due navate laterali sono sormontate da volte a crociera con festoni rettilinei, mentre quella centrale è chiusa superiormente da un soffitto ligneo a cassettoni dorati di forma esagonale, al centro del quale è incassato un dipinto della Trinità, sormontato dagli stemmi di san Pietro Celestino e dell’ordine dei celestini. La navata centrale contiene sedici colonne marmoree che arrivano fino al transetto, riccamente decorato da cordonature di melagrane, cespi d’acanto e spettacolari fioriture in pietra. Tra il transetto e la navata centrale si alza la cupola decorata con festoni di foglie d’acanto, angioletti e motivi floreali. Le sedici colonne hanno il fusto liscio con pulvini piumati e capitelli in stile corinzio, arricchiti dai volti dei 12 apostoli, mentre i capitelli delle colonne binate del transetto sono caratterizzati dai simboli degli Evangelisti.
Nel presbiterio si può ammirare l’abside polilobata e costolonata. Lungo le navate si aprono sette profonde cappelle per lato, al cui interno si trovano splendidi altari riccamente decorati. Un monumento importante di questa chiesa è l’altare con le storie di san Francesco da Paola, nel transetto sinistro, realizzato da Francesco Antonio Zimbalo tra il 1614 e il 1615. A questo si affianca l’altare della Croce, commissionato nel 1637 dalla famiglia Foscarini a Cesare Penna: qui la cosa più interessante da notare è la loggetta balaustrata alla sommità dell’altare che richiama la loggia con balaustra della facciata. Sono due altari significativi non solo per la loro ricchezza compositiva e decorativa, ma perché offrono l’opportunità di evidenziare il parallelismo tra altari barocchi e facciate. In pratica così come gli altari sono elementi e opere a sé stanti applicati alla parete interna della chiesa, così le facciate nelle chiese barocche sembrano dei giganteschi altari aggiunti a edifici precedentemente costruiti.
È proprio questa caratteristica di apparato effimero che rende unica la facciata di santa Croce, facendocela percepire come una continua e quotidiana festa religiosa. L’ornato e la decorazione ricca, con i loro messaggi, investono l’osservatore e rendono all’opera architettonica una netta frontalità. Ciò è molto diverso dall’effetto del classico rinascimentale; al contrario del barocco romano, che articola edifici e luoghi urbani immettendo lo spettatore in un percorso più complesso; invece la facciata leccese non cerca di includere lo spazio antistante.
Nel 1646 il barocco Leccese è ancora all’inizio, ma la facciata di Santa Croce fornisce già ampie porzioni di repertorio e di elementi che si svilupperanno in altri edifici anche più consapevolmente barocchi. Santa Croce resta un crocevia di storia, arte e cultura su cui tutto si ferma e da cui tutto riparte per la definizione di questa particolare tipologia di barocco .
L’articolo è stato pubblicato integralmente su Spicilegia Sallentina n°6.
Molto si discute e si ipotizza sull ‘ordine prigioniero’ o la ‘colonna inglobata’. Occorre però poter accedere, confrontare, riflettere a tutte le ipotesi possibili, ma proprio tutte. Senza tralasciare le arti applicate e la grande stagione della sperimentazione artistica, non considerandola una semplice arte ‘minore’. Il particolare chiamato in causa, si pone come sintesi rielaborata dei reliquiari di cui ultimamente ho pubblicato ritengo, un’interessante immagine, dell’altare-reliquiario a S. Maria della Passione di Milano. A volte, non è detto che le spiegazioni e le tracce vadano ricercate solo nel nostro territorio, anzi pian piano la storia ci sta insegnando, come importanti documenti (vedi il caso di Nardò che sta riscrivendo la sua storia nel 2013) si stanno scoprendo tutt’ora e si trovano fuori dalla città a centinaia di km di distanza. Ricordo volentieri per esempio la determinante e utile linea adriatica per la distribuzione di arredi liturgici e sacri o ancora il caso delle cimase neogotiche trasformate in facciate come in Manduria (Ta) S.S. Trinità 1532, a Laterza (Ta) Chiesa Matrice di S. Lorenzo martire 1414, a Mottola (Ta) Chiesa Madre di Santa Maria Assunta 1507, oppure Ostuni (Br) chiesa di Santa Maria dell’Assunzione 1495, è importante, a tal proposito, ricordare il particolare del dipinto “La cacciata dei Bonacolesi” di Domenico Morone oggi al Palazzo Ducale di Mantova, e ancora la facciata della Cattedrale di S. Pietro poi distrutta (tardogotica) del 1400, Santa Maria Maggiore Treviso 1473, la fabbrica del Museo del Duomo con Facciata di S. Maria Maggiore XV secolo Milano Museo del Duomo. Sì, quel particolare della colonna inglobata, vale per la sublime traduzione ‘organica’ e fuori scala che ne ha fatto il Riccardi, ma la matrice è, molto probabilmente, lombardo-veneta ed è arrivata in queste zone casualmente, magari come succede ancor oggi, ‘trasportata’ tra gli appunti o fra le pagine dai tanti trattati ‘bellici’, di costruzione della difesa di questi territori per esempio di Cesare Cesariano del 1521 ma organizzato molto prima.
approfondimento:
http://culturasalentina.wordpress.com/2013/05/28/salento-delle-citta-apparate/
http://culturasalentina.wordpress.com/2011/11/09/quel-toro-rinchiuso-nella-…-parasta/
http://culturasalentina.wordpress.com/2011/07/05/lecce-la-filologia-antiquaria-e-la-colonna-inglobata-riccardesca/