I Pignatelli: aristocratici a Napoli e in Europa

I Pignatelli: aristocratici a Napoli e in Europa

di Lucia Lopriore

Fresco di stampa il meraviglioso volume edito dalla casa editrice foggiana, Edizione del Rosone “Franco Marasca”, che inaugura una nuova collana editoriale sulle genealogie e l’araldica diretta da chi scrive, autore Davide Shamà, titolo: “L’Aristocrazia Europea ieri e oggi. Sui Pignatelli e famiglie alleate”. (pp.326, ill. B/n e colori, Foggia 2009, prezzo € 35,00).

Questo primo volume tratta della genealogia di una tra le più importanti casate europee: i Pignatelli.

L’autore a tale riguardo nell’Introduzione scrive:

Questo lavoro è nato con l’intento di presentare una genealogia attendibile dei Pignatelli e di studiare i rapporti parentali con le famiglie alleate. Fin dal XVI secolo sono numerosi gli autori che  hanno trattato questa dinastia, ma nessuno si è occupato di presentare, in tempi moderni, una genealogia completa di dati e informazioni araldiche. Se si escludono le note sparse di Ammirato, Mazzella e altri minori, il primo ad aver pubblicato qualcosa di importante in merito è stato Filiberto Campanile agli inizi del XVII secolo. A questo seguì Carlo de Lellis, che a parte vari aggiornamenti e correzioni, riprese tale e quale l’impostazione del lavoro del predecessore. Questi autori soffrono, chi più e chi meno, dei limiti della storiografia seicentesca, basata, specie per il periodo medioevale, su leggende, su veri e propri travisamenti delle fonti o, peggio ancora, su falsificazioni. Il tedesco Jakob Wilhelm Imhoff, uno dei maggiori genealogisti del suo tempo, agli inizi del XVIII secolo definì la genealogia Pignatelli in una prospettiva più internazionale, indagando i matrimoni con le nobiltà spagnola e belga (nobiltà imperiale), che aveva studiate minuziosamente. Com’è noto, Imhoff pubblicò importanti volumi che ancora oggi sono considerati fondamentali. Dopo il XVIII secolo non si segnalano opere di così larga prospettiva ed erudizione. Bisogna arrivare alla fine dell’ottocento con la genealogia manoscritta di Livio Serra di Gerace, oggi all’Archivio di Stato di Napoli, per trovare un lavoro moderno. Il manoscritto si presenta come una semplice raccolta di dati anagrafici e nominativi riportati in uno schema genealogico. Si ferma, all’incirca, al 1919. La scarna documentazione, per quanto attenta, contiene però vari errori e incongruenze. Per la parte medioevale, tra l’altro, Serra non dà particolari indicazioni e si limita a far cominciare lo schema dal XIV secolo, sull’esempio di de Lellis, Imhoff e Campanile. Il presente lavoro tenta di correggere, integrare, modificare e aggiornare tutte queste fonti e propone una ricostruzione della genealogia più antica a partire dal XI secolo.

La successione delle prime generazioni è da considerare ipotetica, ma è almeno verosimile da Giovanni, ambasciatore napoletano all’incoronazione di Federico II di Svevia nel 1220. Questo personaggio è il probabile genitore di un Riccardo Pignatello de Caserta, da cui la genealogia continua certa fino ad oggi. I pochi documenti coevi rimasti, i nomi ricorrenti da generazione in generazione, le cariche e i possessi, orientano la ricostruzione in questo senso.

Documentati dal XI secolo, i Pignatelli sono una famiglia prettamente napoletana, conosciuta con il cognome de Domina Maria, che possiede parecchi beni a Napoli e nei suoi dintorni. Secondo de Lellis la loro influenza si estendeva fino a Caserta, dove è attestato che vari personaggi del casato ebbero beni e incarichi per tutto il XIII secolo fino agli inizi del secolo successivo. E’ da escludere che discendessero da un console napoletano di nome Lucio vivente nel 1102, essendo questo personaggio privo di documentazione storica. Durante il periodo angioino appartengono alla classe cavalleresca e ricoprono cariche amministrative di varia importanza. Alla creazione dei seggi si aggregarono al Seggio di Nido. Al tempo di Carlo III di Durazzo (1381-1386), con un Angelo Pignatelli, iniziò l’ascesa della dinastia. La linea maggiore fu quella di Monteleone, originata da Carlo (1421-1476), pronipote di Angelo. La prima alleanza importante, senz’altro uno dei fattori dell’ascesa sociale, si ha con Caterina, figlia di Carlo, moglie di uno dei maggiori feudatari del Regno di Napoli, Onorato Gaetani Conte di Fondi. Ettore († 1535), figlio di Carlo, entra nell’amministrazione napoletana come molti nobili del tempo e diviene ben presto favorito del Re Federico. Conserva il favore con Ferdinando II d’Aragona e diviene poi uomo di fiducia dell’Imperatore Carlo V. Questi lo ricompensa con titoli, feudi e onori, e lo tiene tra i più stretti collaboratori italiani. Ricordo solo che ebbe il governo vicereale della Sicilia per quasi diciotto anni, caso più unico che raro nella serie dei governatori spagnoli in Italia. Egli e i discendenti accumularono un enorme patrimonio feudale in Calabria, che aveva il suo centro nel ducato di Monteleone. Lo stato era vincolato, cosa strana per le consuetudini del tempo, da un fidecommisso che permise la sua  trasmissione intatta per vari secoli. La fusione tra le linee di Monteleone e di Noia, a seguito del matrimonio tra Girolama Duchessa di Monteleone con il lontano cugino Fabrizio Principe di Noia (1615), espanse ulteriormente il patrimonio feudale. A questa fusione ne seguì un’altra ancora più importante nel corso del XVII secolo quando, per alleanza, entrarono in casa Pignatelli tutti i feudi, titoli e beni della famiglia Tagliavia d’Aragona, una delle più cospicue della Sicilia. La linea che ne derivò, i Pignatelli Aragona Cortes, s’impose  tra le dinastie napoletane più influenti del meridione e tra le prime cinque siciliane per numero di feudi e cariche ereditarie detenute. Erano l’asse attorno al quale ruotava la stirpe. Esclusi pochi casi, quasi tutti i membri più influenti e celebri appartenevano a questo ramo. I Pignatelli Aragona Cortes ebbero incarichi, onorificenze e contrassero matrimoni con la più importante nobiltà iberica. Almeno nel corso del XVII secolo ebbero una influenza grandissima nell’area spagnola. Una sua linea si trasferì in Spagna, dove tuttora fiorisce, e nel XVIII secolo ebbe almeno un importante diplomatico. Anche nell’ambito ecclesiastico si distinsero con vari cardinali (ma nessuno arrivò al soglio pontificio, privilegio che toccò, invece, ad Antonio Pignatelli, appartenente alla linea principesca di Minervino). Tra i feudi spicca il marchesato americano della Valle de Oaxaca (detto Vaglio), concesso a Hernán Cortés, il celebre conquistatore del Messico e distruttore della civiltà azteca, ereditato tramite le famiglie Hurtado de Mendoza e Tagliavia Aragona. Le sue ricchezze furono cospicue ed è noto che ancora nella prima metà del XX secolo godevano di rendite messicane. Questa immensa fortuna scomparve del tutto agli inizi del passato secolo. Il terzo grande patrimonio che entrò in casa Pignatelli Aragona Cortes fu quella dei principi Piccolomini d’Aragona principi di Valle. A seguito di tale alleanza raggiunsero la massima espansione per domini, entrate feudali e vassalli negli ultimi decenni del XVIII secolo.

Accanto alla linea primogenita di Noia si distinse, a cavallo tra ‘700 e ‘800, il ramo dei principi di Strongoli, le cui gesta legate alla rivoluzione napoletana del 1799 e al regime murattiano è inutile ricordare in due righe tanto sono celebri.

L’unica altra linea che per importanza si potrebbe paragonare è quella ducale di Bisaccia, che sulla fine del XVII secolo ereditò le ragioni degli Egmont. Trasferiti a Bruxelles e poi a Parigi, i Pignatelli d’Egmont si legarono con le principali dinastie francesi e belghe. Il Principe Casimiro Pignatelli d’Egmont (1727-1801) ricoprì la carica di ministro plenipotenziario per conto del Re Luigi XV e governò alcune province francesi. Possedeva beni e feudi in Belgio, in Francia, nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli.

Nei tempi moderni la dinastia è decaduta dagli antichi fasti, e nel XX secolo parecchi Pignatelli hanno brillato solo nelle cronache mondane. Rovesci finanziari ed eccentricità hanno minato irreversibilmente l’importanza e lo status sociale di alcune linee. Forse l’unico personaggio storico ancora degno di nota è il principe Valerio Pignatelli di Cerchiara (1886-1965), che ebbe un’esistenza avventurosa tra guerre, fascismo e intrighi politici di ogni genere, ancora tutta da studiare. Se dal lato storico c’è stata una decadenza evidente, invece alcuni membri della dinastia si sono distinti nelle arti. Giuseppe (detto Pepito) Pignatelli Aragona Cortes (1931-1981) è stato un famoso batterista e animatore di alcuni dei maggiori locali jazz d’Italia, noto a livello internazionale, mentre la zia Maria Anna (detta Mananà) (1894-1960), scultrice e pittrice di talento, fu mecenate di pittori e musicisti insieme al marito Guido Sommi Picenardi. In entrambi i casi, però, mancano ancora studi adeguati sugli effettivi meriti e sull’influenza esercitata nel loro contesto socio-culturale. Non escludo che future e più approfondite ricerche riserveranno interessanti sorprese.

 Sono sopravvissute fino ai nostri giorni le linee di Monteroduni, di Montecalvo, di Noia-Terranova, di Cerchiara e di Fuentes-Monteleón. Già nel medioevo sono attestati parecchi personaggi d’incerta collocazione, forse qualcuno ha anche dato origine a dei rami che, in qualche modo, sono arrivati fino ai tempi recenti. In mancanza di documentazione convincente e provata, ma soprattutto perché omessi fin dalle fonti più antiche, si è preferito tralasciarli. Saranno oggetto di una ricerca più approfondita in una prossima edizione del presente volume.

Per quanto riguarda le titolazioni, i trattamenti di Don e Donna sono stati limitati alle sole dinastie con titoli ducali e principeschi, com’era in uso prima dell’inflazione avvenuta nel periodo spagnolo, e per tutti i nobili spagnoli nella loro lingua originale come da tradizione araldica di quel paese. I titoli moderni italiani sono indicati anche dopo la caduta della monarchia, ma si è preferito considerare la situazione legislativa come congelata agli Elenchi Ufficiali pubblicati e ai riconoscimenti avvenuti fino al 1946. In effetti, il vecchio ordinamento nobiliare sarebbe in urto con parecchie novità introdotte dal nuovo diritto di famiglia del 1975, che renderebbero problematiche le attribuzioni e le successioni dei vari titoli. Per questo motivo, e perché privi di copertura giuridica o perché difformi dalla vecchia legislazione del Regno d’Italia, non sono indicati i riconoscimenti (o concessioni) effettuati da Re Umberto II in esilio, dal Corpo della Nobiltà Italiana, da ordini cavallereschi e da entità statali straniere. I titoli stranieri moderni sono riportati come in origine o secondo la legislazione degli stati che attualmente riconoscono i titoli e la nobiltà, limitando le correzioni  solo dove strettamente necessario. Gli aggiornamenti sui viventi sono riportati fin dove è stato possibile. Infine, ho preferito omettere informazioni specifiche inerenti la vita privata dei personaggi viventi (professioni, titoli di studio ecc.). Solo in alcuni casi eccezionali sono state riferite le vicende personali che ebbero riscontri sulla genealogia in tempi recenti”.

Suddiviso in undici capitoli, il volume si apre con la summenzionata Introduzione, per poi entrare nel vivo della trattazione delle varie linee della casata.

Il primo capitolo parla della linea antica, qui l’autore si sofferma ampiamente sulle origini del cognome Pignatello che si affermò a partire dalla metà del XII secolo, nascendo come soprannomen della famiglia napoletana dei De Domna Maria, come attestato da vari documenti del monastero di San Gregorio Armeno. Pertanto, la tradizione genealogica secondo cui il primo esponente noto della famiglia fosse Lucio Pignatelli, Console di Napoli nel 1102, nome proprio peraltro non presente nei documenti napoletani di epoca ducale e normanna, è da ritenersi falsa, così come sono da ritenersi frutto dell’invenzione dei genealogisti del XVI secolo i suoi discendenti Giordano e Ridolfo.

Segue il secondo capitolo che tratta dei marchesi di Casalnuovo, il terzo dei principi di Monteroduni e della Leonessa, il quarto dei principi di Strongoli e duchi di Roccamandolfi, il quinto dei duchi di Montecalvo e marchesi di Paglieta, il sesto dei duchi di Monteleone e conti di Borrello, il settimo è dedicato alla linea Pignatelli Aragona Cortes – principi del SRI, di Noia, di Strongoli e di Belmonte, nel capitolo ottavo si parla della linea illegittima dei principi di Strongoli, nel nono dei principi di Minervino e dei marchesi di Spinazzola, nel decimo dei principi di Marsiconovo, e dulcis in fundo, l’undicesimo capitolo parla della linea di Egmont, dei principi di Gavre e duchi di Bisaccia.

Un’ampia trattazione che, per la prima volta in assoluto, si avvale di una ricerca capillare svolta anche presso gli archivi privati appartenenti a vari rappresentanti della famiglia. Un’opera unica che rappresenta  senz’altro  un genere letterario altamente scientifico nel quale il testo si inserisce, a pieno titolo, nel novero delle ricerche svolte secondo criteri agnatistici e cognatistici essenziali per tramandare la memoria storica alle generazioni future.

Il volume è altresì corredato da un dovizioso apparato iconografico, con foto d’epoca inedite, opera della laboriosa ricerca dell’autore, svolta presso gli archivi privati dei rappresentanti la famiglia, nonché dell’archivio privato del fotografo Giovanni Battista Brambilla, e di alcuni corrispondenti e collaboratori dell’autore stesso.

Conclude il testo una splendida Appendice che tratta delle famiglie principesche che hanno assunto il cognome Pignatelli per eredità, a cura dell’autore, ed un preziosissimo Blasonario, composto di 120 stemmi a colori, curato da Loris Castriota Skanderbegh,  esperto in storia delle famiglie aristocratiche europee ed Araldica.

Il volume è acquistabile dal catalogo on line della casa editrice al link: www.edizionidelrosone.it oppure si può ordinare all’indirizzo e- mail: edizionidelrosone@tiscali.it.

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2 Commenti a I Pignatelli: aristocratici a Napoli e in Europa

  1. sono il possessore di un atto di matrimonio tra GIULIO II PIGNATELLI 4° Marchese di cerchiara 2° Principe di Noia (1627-1658)
    e Beatrice Carafa dei Duchi di Noia (provincia di bari)
    il manoscritto risale al 1638 ed e’ scritto dal parroco della Santissima Maria dei Vergini, e tutto interamente scritto a mano , potrebbe valere qualcosa in termini econimici????

    • No, ma potresti donarlo all’archivio di Stato di Napoli che possiede l’intero archivio Pignatelli, un enorme e curatissimo archivio di oltre 10000 documenti.

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