Ricette con i granchi

granchio

di Massimo Vaglio

 

Zuppa di granchi

Ingr. : kg 1,200 di granchi; 1 litro di brodo di pesce; 5 dl di passata di pomodoro; 1 dl di olio; mezza cipolla tritata; una presa di timo, 2 foglie di alloro e un ciuffetto di prezzemolo tritati insieme; 1 dl di vino bianco secco; 24 fettine di pane pugliese raffermo; fritte nell’olio; sale e pepe nero.

Sciacquate per bene e fate arrostire sulla graticola i granchi e triturateli con tutti i gusci. Unite in una casseruola l’olio, la cipolla, il trito di timo alloro e prezzemolo e fate imbiondire l’insieme. Aggiungete il trito di granchi e mescolate tenendo su fiamma bassa per una ventina di minuti. Bagnate con il vino e fatelo evaporare completamente, quindi unite il pomodoro, portate ad ebollizione e dopo una decina di minuti aggiungete il brodo, portate ad ebollizione e continuate la cottura per circa venti minuti. Passate tutto al setaccio, pestando con il pestello in modo da recuperare tutta la polpa, rimettete il tutto in un’altra casseruola controllate di sale aggiungete una presina di pepe nero macinato al momento e regolate la densità della preparazione aggiungendo brodo oppure facendola restringere sino ad ottenere la consistenza di una crema piuttosto fluida. Distribuite le fette di pane, fritte ben dorate in olio extravergine d’oliva, nelle fondine ricopritele con la crema di granchi e servite subito.

 

Tubettini al sugo di granchi

(Gnucculieddhri cu li caùri)

In una casseruola piuttosto larga, versate un filo di ottimo olio extravergine d’oliva unitevi della cipolla tritata finemente e appena questa sarà tenderà ad imbiondire i granchi per metà interi e per metà privati del carapace. Rigirateli e quando avranno cambiato colore divenendo della tipica colorazione rossastra unite un po’ d’aglio tritato e bagnateli blandamente con del vino bianco secco, quando anche questo sarà evaporato ricopriteli a filo con della passata di pomodoro o ancora meglio con dei pomodori pelati e triturati aggiustate di sale, unite del prezzemolo tritato e completate la cottura. Con il sugo ottenuto condite i tubettini o gli spaghetti cotti al dente e servite ogni piatto incoronato da un po’di granchi

 

Tubettini al sugo di granceola

(Gnucculieddhhri cu lu sucu ti suennu)

Per preparare questo piatto l’unica difficoltà, se così si può dire, consiste nel predisporre le granceole per la cottura: queste andranno spazzolate con cura onde eliminare le alghe e le incrotazioni calcaree che le ricoporono. Quindi staccate loro gli arti dal corpo e dovranno essere per così dire scoperchiate, rimuovendo il robusto carapace, cosa che si potrà fare facendo leva con il manico di un robusto cucchiaio. A questo si potrà procededere ad eliminare la sacca, sovente piena di detriti, che hanno in prossimità dell’apparato boccale e volendo a sezionare anche il corpo in tre quattro parti. Per la preparazione del piatto; versate un filo di olio extravergine d’oliva in una cassereuola fatevi scaldare due-tre spicchi d’aglio contusi e appena questi accenneranno a colorire versate un litro di pelati triturati, salate e portate ad ebollizione. Allogiate infine le parti di granceola; spolverizzate con pepe nero macinato al momento, unite una manciatina di prezzemolo tritato e continuate a far cuocere il tutto sino a che non si vedrà affiorare l’olio. Con il saporitissimo sugo ottenuto condite i tubettini cotti al dente e serviteli cosparsi di altro pepe nero e prezzemolo tritato al momento. Potete servire successivamente anche la granceola mettendo a disposizione gli appositi utensili per rompere gli arti permettendo di cavarne la polpa.

 

Riso, granchio e menta

Ingr. : 280 g di riso parboiled, 200 g di polpa di granchio, 1 cipolla, un ciuffetto di menta, 2 spicchi di aglio, 4 cucchiai di olio di frantoio, sale e pepe nero

Versate l’olio in un tegame dai bordi alti e scaldate lasciate gli spicchi di aglio schiacciati, prima che imbiondiscano eliminateli e unite il riso, amalgamandolo con l’olio. Unite un trito di cipolla e menta e circa 700 ml di acqua calda in modo da ricoprire tutto il riso. Salate e fate cuocere a fiamma bassa fino a che non sia stata assorbita tutta l’acqua. Se il riso dovesse risultare ancora duro aggiungete altra acqua calda salata fino a cottura. Nel frattempo in una ciotola riducete in piccoli pezzi la polpa di granchio e conditela con sale e pepe. Unitela al riso qualche istante prima di spegnere. Lasciate amalgamare e servite.

 

Granchi in insalata

1 kg di granchi, olio di frantoio, aglio, prezzemolo, foglie di lattuga.

Lavate accuratamente i granchi sotto acqua corrente, calateli in una pentola contente acqua bollente salata e addizionata con abbondante vino bianco secco. Lasciateli cuocere per 7-8 minuti, quindi scolateli e lasciateli raffreddare. Togliete il carapace e gli arti e condite con ottimo olio di frantoio, un paio di spicchi d’aglio tritati non troppo finemente, succo di limone e prezzemolo tritato. Lasciate insaporire per una mezz’ora e servite su tenere foglie di lattuga. Costituisce un gustoso piatto estivo.

 

I granchi dei nostri mari salentini (2)

granchi1

di Massimo Vaglio

 

Per la bontà delle sue carni, in diverse zone costiere, Salento compreso, ove viene appellato corza pilosa, viene attivamente insidiato con mezzi di cattura rudimentali il più efficace è la cosiddetta togna che consiste in un rigido filo di ferro zingato all’estremità del quale viene fissata un’esca carnea quale un pezzo di polpo o di seppia. I pescatori, perlustrano a piedi i bassi fondali rocciosi e appena scorgono una possibile tana vi  avvicinano l’esca, se questa è abitata, il granchio si lancerà ferocemente sull’esca e verrà agguantato con un intrepida  spericolatezza dagli stessi.

Sfruttando la l’indole combattiva di questo animale alcuni, usano fissare all’estremità dell’attrezzo una chela prelevata da un esemplare precedentemente catturato, che basterà affacciare alla tana per provare l’uscita del granchio, che sentendosi minacciato si presenterà in atteggiamento offensivo finendo per sbollire l’ira nel carniere del pescatore insieme ad altri sventurati fratelli.

Un altro sistema di cattura è quello praticato nelle ore notturne con l’ausilio di una fonte luminosa che abbaglierà i granchi immobilizzandoli rendendoli così facili prede chi pratica questa forma di pesca sovente non risparmia neppure i meno pregiati ma comunque saporiti “cauri di scoglio” ossia i granchi corridori (Pachigrapsus marmoratus) fuggenti abitatori delle battigie rocciose.

Fra i granchi di fondale i migliori sono le calappe o granchi melograno (Calappa granulata) noti nel Salento col simpaticoco appellativo di granchi dottore  che pescati al largo dalle paranze vengono venduti a prezzi spesso irrisori insieme ai comuni granchi di rena sui moli d’attracco dagli stessi pescatori.

Una trattazione a parte meriterebbe la grancevola (Maja squinado) facilmente distinguibile sia dalla forma caratteristicamente triangolare del carapace e dai lunghi arti che gli conferiscono un aspetto che ricorda vagamente quello di un ragno. Spesso il carapace della grancevola è completamente ricoperto da alghe e cocreazioni calcaree e nelle acque salentine con i tramagli se ne pescano esemplari che superano il chilogrammo di peso e costituiscono un’altra prelibatezza marina di cui non si può che lamentare la scarsità.

Da qualche anno le acque salentine come già avvenuto in altre zone, si stanno popolando di una cosiddetta specie aliena di granchio, un vorace ‘immigrato marino’ che si teme possa mettere a rischio il già delicato e in parte compromesso equilibrio biologico dei nostri mari. E’ americano, proviene infatti dalla sponda occidentale dell’oceano Atlantico, ove lo si trova dalla Nuova Scozia all’Argentina, si tratta del cosiddetto granchio blu (Callinectes sapidus). Il suo corpo, dai bordi seghettati, ha una forma pressoché ellittica, con due spuntoni ai lati. Il suo carapace, di colore verde oliva è grande, fino a misurare venti centimetri di larghezza, per dieci di lunghezza. I suoi arti, di dolore blu turchese sono allungati e grazia alla loro forma gli consentono anche di nuotare sono fatte per camminare e nuotare, mentre le grandi chele, sono strumenti ideali per aggredire e catturare le prede. Possiede ottime qualità organolettiche. Naturalmente in cucina a seconda dei granchi che si impiegheranno il risultato potrà essere leggermente diverso, ma in ogni caso si sarà soddisfatta la voglia di granchi che, quando prende, prende.

 

La prima parte la potete leggere qui:

https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/07/27/i-granchi-dei-nostri-mari-salentini/

I granchi dei nostri mari salentini (1)

granchio

di Massimo Vaglio

Con il comune appellativo di granchi, vengono genericamente indicate una miriade di specie  di Crostacei Malacostraci Decapodi appartenenti sottordine dei Brachiuri, che sono ovunque molto diffusi e colonizzano i più svariati habitat, in prevalenza le acque marine, anche se esistono anche numerose specie d’acqua dolce e specie terrestri. Caratteristica comune a tutti granchi o perlomeno di quelli conosciuti ai più in quanto di interesse alimentare, sono: il corpo raccolto, l’addome corto, quasi atrofizzato e ripiegato sotto il carapace, che è breve, largo e provvisto sovente di numerose escrescenze e spine; posseggono cinque paia di arti il primo dei quali munito di due robuste chele, queste hanno uno sviluppo spesso irregolare (normalmente la destra è più robusta della sinistra) e vengono utilizzate dal granchio per afferrare, cibarsi e difendersi. La maggior parte dei granchi si sposta di fianco.

Posseggono carni buone, delicate e di grande digeribilità, 100 grammi di polpa di granchio infatti contengono mediamente solo 6 grammi di grassi, circa 20 grammi di proteine e oligoelementi preziosi come lo zinco e il magnesio, costituiscono inoltre un’ottima fonte di vitamina B 12.

Fra i granchi più comuni e abbondanti, quindi gastronomicamente più noti, vi è il granchio comune o granchio verde (Carcinus aestuarii), della famiglia Portunidi, diffuso lungo tutte le coste caratterizzate da fondali bassi e sabbiosi in particolare nelle acque caratterizzate da rimescolamenti con acque dolci, quindi salmastre. Un’altra specie costiera è il granchio favollo (Eriphia verrucosa) specie molto pregiata e ricercata dai buongustai per le ottime caratteristiche organolettiche delle sue carni.

Il suo habitat risiede tra il sopralitorale e il mesolitorale, quindi la profondità in cui si può trovare oscilla da pochi centimetri a cinque metri. Ha il carapace a forma cuoriforme di colore bruno rossiccio sul dorso e bianco sul ventre e nella parte anteriore si presenta con delle dentellature, le sue dimensioni possono raggiungere i 5 centimetri di lunghezza e i 7 di larghezza, è dotata di temibili, forti chele, che sono in grado di procurare profondi tagli alle dita degli inesperti che osassero con poca prudenza familiarizzarvi, sono infatti di grosse dimensioni e asimmetriche e terminano di colore nero ebano in punta. Questo granchio  è ricoperta da centinaia di peli sensoriali da cui gli deriva il  nome di pelosa utilizzato in molte zone della Puglia.

 

 

 

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