di Armando Polito
Probabilmente è la più antica veduta a stampa di Taranto. La tavola è a corredo di In descriptionem Graeciae Sophiani praefatio, opera di Nicola Gerbelio uscita per i tipi di Oporino a Basilea nel 1545 (la data si ricava dal colophon che di seguito riproduco dopo il frontespizio).
Nicola Gerbelio (Nicolaus Gerbelius il nome latinizzato), umanista tedesco, fece parte di un circuito di famosi uomini di cultura, fra cui Martin Lutero, del quale fu amico, il collaboratore di Lutero Filipe Melâncton, nonché Erasmo da Rotterdam, con cui fu in corrispondenza. Fu curatore di parecchie edizioni di autori antichi latini e greci. Fa eccezione quella da cui è tratta la tavola di Taranto, perché quella che il Gerbelio chiama prefazione è in realtà un’analisi, quasi un commento di Totius Graecia descriptio, una mappa disegnata da Nicola Sofiano, umanista, grammatico e cartografo greco poco più giovane di lui, e pubblicata più volte a partire dal 1540 (di seguito nell’edizione del 1552 da http://www.europeana.eu/portal/it/record/9200365/BibliographicResource_2000081566928.html?q=totius+graeciae+descriptio).
È tempo, però, di tornare alla nostra mappa di Taranto, giusto per dire che in documenti del genere è chimerico pensare ad una rappresentazione fedele dei luoghi così come all’epoca apparivano, per cui, ai miei occhi la tavola appare un ibrido immaginario tra una città magno-greca ed una cinquecentesca.
Per chi volesse affermare il contrario, faccio seguire, al fine di agevolare l’eventuale analisi comparativa, le due mappe della città inserite tra le pagine 160 e 181 del secondo volume de Il regno di Napoli in prospettiva, opera postuma di Giovanni Battista Pacichelli (1634-1695), Perrino, Napoli, 1703. Non credo che in poco più di un secolo (in passato lo stravolgimento dei luoghi, fatta eccezione per qualche invasione vandalica, non aveva il ritmo forsennato assunto oggi) i cambiamenti siano stati così imponenti. Ad ogni buon conto: ogni pertinente riflessione sarà ben accetta.
_______________
1 Sulla presunta Rudie tarantina vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/02/08/la-toponomastica-della-provincia-di-taranto-in-una-carta-del-1589/
2 In Tolomeo (II secolo d. C.), Geographia, III, 1, 64 è registrata Βαῦστα (leggi Bàusta) che il Cluverio (1580-1622) lesse Βαοῦτα (leggi Baùta), da cui *Bavota (forse proprio per suggestione del Bavota che compare nella nostra carta), ripreso dal Rohlfs per il quale Parabita potrebbe derivare da πέρα Βάβοτα (leggi pera Bàbota)=oltre Bavota. Tale identificazione, però contrasta con le coordinate geografiche che Tolomeo dà per Βαῦστα, che oggi si tende ad identificare con Vaste.
Innanzitutto la prego di scusarmi per eventuali errori di digitazioni o per espressioni colpevolmente coincise: ho avuto la brutta idea di fratturarmi la mano destra e posso ora usare solo la mancina. Il che non è il massimo per chi confidava sull’altra mano.
Per quanto riguarda Rudie, la mappa del Sofiano sembra scontare (a mio avviso) l’errore di Pomponio Mela che colloca la città che ha dato i natali ad Ennio in Peucezia. Considerato che le fonti letterarie disponibili ritengono il poeta senza dubbio Calabro (si veda Ovidio, Silio Italico), mi pare che questa collocazione non sia condivisibile. Propenderei a credere che Mela sia incorso nello stesso errore riscontrabile nella Tabula Peutingeriana, dove nel paese dei Peucezî, presso Ruvo, è indicata Rudae.
Poiché la mappa poi colloca alcune cittadine in maniera lontana dalla realtà (si veda, ad esempio, Ostuni) sarei tentato a credere che VRETUM sia identificabile con Vereto e non con Oria.
Mi scuso nuovamente.
Cordialità.
Nazareno Valente
Non v’è dubbio che Sofiano segua Pomponio Mela, Chorographia, 66: … post Barium et Gnatia et Ennio cive nobiles Rudiae, et iam in Calabria Brundisium …
Bisogna tener conto che la carta è, per così dire, storica e che, perciò, risente delle interpretazioni storiografico-archeologiche dell’epoca, nonché di errori di rappresentazioni dai quali non sono indenni le carte precedenti, il più delle volte tenute in gran conto, per non dire copiate.
Alla luce di tutto questo la sua identificazione probabile di Uretum con Vereto appare plausibile, nonostante si scontri con quelle coordinate geografiche che condannano pure la mia di Sturni con Ostuni e non varrebbe ugualmente nel nostro caso mettere in campo Sternatia (le monete con leggenda ΣΤΥ, il cui contesto di ritrovamento è tutt’altro che chiaro, furono e sono attribuite da alcuni ad Ostuni, da altri a Sternatia) che, da un punto di vista fonetico (per quanto in toponomastica può valere …) appare più vicino.
Certo, però, che il nostro cartografo se ha preso una sbandata micidiale con Sturni (Ostuni o Sternatia che sia), con Uretum(se è Vereto) sarebbe finito rovinosamente fuori strada …