di Tommaso Esposito
Beh ogni volta che li cerco il lunedì, mercoledì o venerdì tra i cesti dei venditori che si affollano sul lungomare di Sant’Isidoro per offrire i frutti degli orti salentini si ripropone la vexata quaestio: come li chiamate questa specie di broccoli di rapa?
“Sanàpi.”
“No sanapìddi.”
“None, sanapùddhi”, laddove il suffisso –ddhi leggasi più o meno -ggi.
E tutto dipende dalla frazione di Nardò in cui essi si raccolgono.
Mi è sempre piaciuto il loro sapore.
Anche se sono controtempo.
Il periodo migliore per gustarli, infatti, non andrebbe oltre maggio.
A crudo le foglie più tenere ricordano al naso e al palato sentori misti di rafano e rucola.
In padella a seconda dei tempi della cottura (ah, gli antropologi direbbero in senso diacronico) si va dalla torzella al friariello.
Talvolta ho ritrovato il sapore dei miei dimenticati e cari vruoccoli rucoli acerrani.
Insomma mi piacciono.
E mi ha sempre intrigato, al pari delle più rare brassicacce campane, conoscerne l’origine.
Cosa difficilissima a farsi da queste parti soltanto con l’ausilio di net.
Ricordo, però, che il Penzig ritiene i sanàpi la sinapis alba, cioè la senape da cui si ricava la salsetta di senape.
Luigi Sada, grande gastronomo, pugliese invece fa cenno alla Sinapis erucoides, quella selvatica che più si avvicina alla rucola.
Anche la Sinapis nigra, la più piccante, viene evocata.
Qualche chef salentino si limita a dire: “Son broccoletti amarognoli”.
Eh già, vogliamo cavarcela così?
Mi aspetto, invece, che qualche dotto salentino al riguardo mi dia i suoi graditi lumi.
Intanto gustiamoci questi sanàpi nella ricetta più semplice ed essenziale.
Ingredienti:
Sanàpi 2 kg ( se ne ricavano la metà )
Aglio uno spicchio
Olio di oliva extravergine pugliese q.b.
Sale fino q.b.
Scegliere le foglie più piccole e tenere dei sanàpi.
Lavare in acqua fredda e scolare ben bene.
Fare andare uno spicchio di aglio in padella con l’olio.
Versare i sanàpi.
Lasciarli saltare rigirandoli.
Il segreto di questi sanàpi sta nell’assaggiarli nel procedere della cottura.
Poi salerete se vi aggrada.
Proverete sapori e piaceri diversi.
In finale c’è una ricetta che aggiunge filetti di alici fresche.
E così pure un’altra che li allunga nella pasta.
Io li amo così. Sciuè sciuè.
Viva i sanàpi.
Poi a Napoli mi delizierò con i friarielli.
Ci sono poi li sanapuddri (variante dialettale a nord del salento) che con le prime acque di ottobre, spuntano in modo del tutto naturale.
La foglia è molto più larga e più contenuto nelle dimensioni di un verde più chiaro e con un fiorellino bianco che indica al contadino (o a chi lo raccoglie) che è preferibile evitare. Non va raccolto quello in fiore perchè potrebbe causare delle leggeri colichette, si consiglia, quindi le piantine con qualche giorno dal germoglio.
Quanto alla preparazione li preferisco ‘nfucati (messi insieme ad olio, sale q.b. in una padella e farli cuocere a fuoco lento) anche se lessati e conditi con olio (rigorosamente salentino), sale e una strizzata di limone, possono deliziare il palato; se poi si accompagnano con un purè di fave….siamo al top per un bel piatto per chi segue la dieta mediterranea e… buon appetito.